Pensieri per Giovanni Lorenzo Mattei | 14 dicembre 2020
Quando compare nel fulgore del suo solare cesarismo sulla scena melodrammaturgica europea lascia, il Metastasio, lascia che si creda ch’egli veste la giubba del riformatore. Tutto ciò quando in effetti egli è, invece, il titolare di una riforma programmata sofficissima, decisamente impalpabile, una quasi non-riforma […] Più che ribaltare, più che trasformare l’antecedente melodrammaturgia «barocca» […] il Metastasio sembra piuttosto che la voglia curare. Che la sottometta a una terapia […]
(Giovanni Morelli, Paradosso del farmacista. Il Metastasio nella morsa del tranquillante,Venezia, Marsilio, 1998 collana della Fondazione Giorgio Cini «Presente Storico» 8, p. 80)
Scritto in occasione del 300° anniversario della nascita del Metastasio, Paradosso del farmacista resta uno dei libri più complessi di Giovanni Morelli. Per metaforizzare il carattere pindarico dei temi dipanati, basti osservare, in copertina, la fotografia del cipresso «sgarruffato» in attesa del temporale, con i rami che, invece di convergere verso la sommità, si spettinano volgendosi in direzioni multiple. Parentesi tonde e quadre, insieme a lineette, perimetrano gl’incastri tra catene di frasi subordinate, ognuna delle quali contiene nuovi spunti di riflessione, come in un gioco di scatole cinesi. L’uso di virgolette, corsivo e maiuscoletto, rimarca le parole chiave d’ogni singolo enunciato, l’Ursatz nascosto. L’ubiqua terminologia estratta dai campi del sapere scientifico (medicina, fisica, chimica, astronomia, geologia), alternata al gergo cinematografico e psicanalitico, si presta a un gioco metalinguistico inesauribile e alcune lunghe note a piè di pagina affondano ancor più in profondità l’analisi di un problema, come le radici del suddetto cipresso, innocue per le sepolture ad esso vicine proprio perché orientate a un affondo verticale. Come se ne esce l’arte metastasiana da una lettura tanto vertiginosa? Metastasio è stato osservato troppo spesso in frammenti, tramite carotaggi, sub specie antologica e in funzione delle musiche che ne intonarono i versi. Morelli lancia, invece, uno sguardo d’insieme, amplissimo, su quello che i drammi del Trapassi sottendono in termini di Storia delle idee, del pensiero politico e, più in generale, della Cultura. Per farlo gli basta uno solo dei ventisei libretti del poeta cesareo, il Re pastore, trattato al centro concettuale del volume e nelle pagine (siderali) dedicate all’intonazione mozartiana. La drammaturgia metastasiana si basa sull’«infinita componibilità delle materie narrative [e di quelle] psico-retoriche»; la «congerie tipologica di potenziali espressivi [offerta dalle arie, non ha] bisogno assoluto di un sufficiente supporto rituale che invece ha sempre avuto la tragedia» (pp. 78-79). L’Anodino, il tranquillante, le gocce del medico Friedrich Hoffmann, simboleggiano quella «Morte della tragedia» che contrassegna «un’ideale Storia della Modernità» (p. 47) e che individua un punto di partenza proprio nell’opera del Trapassi; in particolare nel Demofoonte «vero e proprio programma anti-tragico» (p. 86) e nel Re Pastore la cui trama «sembra tendere ad effetti di riduzione del tragico al grado zero» (p. 90). Qui Alessandro Magno, funge da grande «tranquillante» offrendo la risoluzione compromissoria del re-pastore e pastore-re. Ma dietro alla vicenda di Aminta/Abdolonimo non c’è solo un’allegoria del buon governo retto da una “sovranità popolare”; c’è anche la riflessione sui sentimenti allo stato di Natura che si collocano «laddove l’infanzia non è del tutto cessata e la maturità dell’uomo non è del tutto fiorita» (p.145) in quella pubertà preda d’un sentimento di mancanza che tanto bene definisce gli eroi metastasiani, inverati nelle voci dai castrati. Pubertà esaminata a fondo nel IV libro dell’Émile di Rousseau con una penna che Morelli definisce «sgarruffata» (l’attributo del cipresso che potrebbe aggettivare l’intera scrittura morelliana). La lettura del Re pastore funziona per altri drammi metastasiani? Se ne possono leggere gli omnia come crisi del “tragico”? Non è questo il senso del Paradosso. Morelli esorta, più semplicemente, ad approfondire tutti gli aspetti diretti e indiretti della presenza metastasiana nella cultura europea; una «ricerca verosimilmente senza fine del e sul Metastasio come rete» (p. 250); uno stimolo ad alzare l’occhio dai microscopi dell’erudizionismo che ci hanno reso troppo simili ai due farmacisti Speranzo e Acciari, il cui sapere parcellizzato ha avuto come unico risultato la creazione paradossale di un placebo mortifero.
Ascolto proposto:
>>> Wolfgang Amadeus Mozart, L'amerò, sarò costante da Il Re Pastore
Kathleen Battle interpreta l’aria di Aminta del Re Pastore di Mozart, mirabilmente esaminato nel Paradosso di Morelli. Un brano dove il personaggio promette ciò che non manterrà, o, meglio, pecca di omissione non specificando il soggetto destinatario del suo amore. Di certo è “tranquillizzante” per il suo interlocutore. L’aria rappresenta dunque la sintesi della tesi di fondo esposta nel volume morelliano su Metastasio.
(Lorenzo Mattei )
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